DE GIOVANNI LUIGI a FIRENZE

DE GIOVANNI LUIGI a FIRENZE
La galleria Mentana di Firenze, in prossimità delle feste natalizie, come ogni anno, il giorno 16 dicembre 2023 dalle ore 17,00 alle ore 20.00 terrà l’opening di “Orizzonti Contigui” Rassegna di Artisti Internazionali che animerà lo spazio sito nel cuore di Firenze, in via della Mosca, 5. Orizzonti Contigui Attraverso le opere in mostra è possibile immergersi nelle descrizioni di pensieri, idee e sensazioni che danno luogo al mondo degli artisti presenti che, nella realizzazione delle opere, hanno trovano l’occasione per avventurarsi nelle sfaccettature della natura fatta di paesaggi e di atmosfere, per ritrovarsi nel mondo della fantasia o nelle problematiche dei percorsi dell’uomo, fino ad attraversare riflessioni o sogni che muovono dall’Io o dalla religiosità. Colori, pennellata e percorsi capaci di trasmettere il mondo della bellezza e delle contraddizioni dell’uomo che è sempre alla ricerca di quei valori che danno senso alle opere di questa bellissima rassegna artistica. L’evento sarà anche occasione per scambiarci gli Auguri di Natale. Artisti presenti in Mostra: Eva Breitfuss - Audrey Traini - Lis Engel – Giancarlo Cerri – Aldehy – Bianca Vivarelli – Krasimir S. Marinov – Eileen Herres – Valerio Tanini – Tina Hliblom-thibblin - Camilla Vavik Pedersen – Patrizia Pepe – Luigi De Giovanni – Salvatore Magazzini – Anna Lapshinova Galleria d’Arte Mentana Arte Moderna e Contemporanea Via della Mosca, 5r
50122 Firenze (Italia)
Telefono/Fax: +39 055 211985
Cellulare: +39 335 1207156
Email: galleriamentana@galleriamentana.it
Visualizzazione post con etichetta mondo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta mondo. Mostra tutti i post

venerdì 20 ottobre 2023

The pizzica: a journey of the soul

 La pizzica: un percorso dell’animo






Per le opere in mostra l’artista ha scavato nelle sensazioni che in lui, salentino, hanno suscitato e suscitano ancora i gesti e i movimenti che accompagnano questa ancestrale danza. Luigi De Giovanni ha sempre vissuto la pizzica ma per chiarirsi meglio le idee, per realizzare le opere, l’ha studiata sino ad immergersi nelle atmosfere che suggerisce. 

La pizzica è donna, è espressione di sensibilità, grazia e sofferenza che ancora si manifestano in movimenti e passi zoppicati che apparentemente suggeriscono allegria ma, nella realtà di un tempo che non c’è più, nascondono angoscia, fame: desiderio d’avere attenzione anche se solo per i contorcimenti che tanto coinvolgevano e coinvolgono. La pizzica, che aveva in sé religiosità e paganesimo, ha perso l’aspetto originario, che portava a San Paolo a Galatina flotte di tarantolate e pellegrini, per diventare spettacolo che riempie piazze con un ritmo che arriva alla pancia risuonando in un’amplificazione delle sensazioni che costringono a movimenti che fan dimenticare le angosce e i problemi. Luigi De Giovanni è come se sentisse il rullar dei tamburi che pare abbiano guidato le sue pennellate che rapide si sono mosse sulla tela a lasciar sensazioni: tracce di colore efficaci nel comunicare il messaggio. L’artista ha voluto raccontare il suo sentire che lo riporta all’imbrunire nelle aie delle campagne del paese dove le giovani, stremate dalla fatica, trovavano la forza di ballare al rullare di tamburi e i suonatori si sfinivano e spesso si ferivano nella foga delle percussioni incessanti che facevano vibrare i pendaglietti appesi al telaio per aumentare il colore del suono. Nelle opere in mostra si avvertono le emozioni, i ricordi, il Genius e l’Humus del Salento e pare di sentire le canzoni che esprimevano gli stati d’animo e i morsi della fame che potevano riportare al doloroso pizzico della tarantola che costringeva alla danza.

Un’interessante mostra che racconta l’amore dell’artista per la sua terra e per le tradizioni che la contraddistinguono.    Federica Murgia








domenica 23 aprile 2023

Riflessioni sulla Tragedia a Specchia

 



http://www.murmurofart.com

Riflessioni sulla Tragedia a Specchia

Quando ho iniziato a frequentare Specchia, sin dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso, ho sentito parlare dell’eccezionale evento della Tragedia che veniva rappresentata ogni quindici anni, grazie all’impegno di molti cittadini che si calavano nelle varie parti interpretandole con fede, fervore e con i mezzi stilistici e tecnici che si avevano a disposizione. I cittadini, attori dilettanti, venivano così investiti dall’alto compito di far cogliere al pubblico il significato del sacrificio di Gesù al fine della salvezza degli uomini. Ho sentito i racconti dell’espressività genuina e partecipata riguardanti alcuni attori che nelle vesti di Lucifero e dei diavoli tuonavano con voce potente nell’interpretazione dei progetti maligni assegnati dal ruolo; fiamme infernali create con luci rosse che si innalzavano a dare maggiore credibilità alla scena: in questo senso mi ha molto incuriosito l’uso di polvere di pece, lanciata sapientemente sul fuoco, per creare fiammate infernali. Ho conosciuto Valeria Polimena, una gentile signora, che mi ha raccontato di quando interpretò l’angelo volante dopo essere stata ancorata con delle corde, grazie ai marchingegni fatti di sana pianta da suo padre, che la fecero arrivare dall’alto nella scena proprio nel momento opportuno. Mi hanno narrato del palco creato di volta in volta con precisione dagli artigiani del paese che, con strumenti rudimentali, facevano miracoli sino a fabbricare fondali e quinte, dipinti con cognizione, che scorrevano puntualmente al momento programmato, dando pienamente l’idea della scatola scenica che diventa il palco nelle rappresentazioni teatrali. Ho ascoltato i racconti sulle varie e differenti interpretazioni del tradimento di Giuda che lo condurrà alle terribili pene dell’inferno, sull’opportunismo di Caifa, del sinedrio e di Ponzio Pilato, sulla cattiveria del cieco Longino e del centurione che poi si pentirono confidando nell’infinita misericordia di Dio sino a professare la fede con umiltà sulle tre donne così partecipi che pareva avvertissero profondamente il dolore e piangenti si disperavano seguendo Gesù: fra loro emergeva chi si calava nelle vesti di Maria in tutta la sua sofferente maestà di madre addolorata. Gli attori interpreti dilettanti di Gesù, l’Agnello Sacrificale, erano così convinti che nella recitazione trovavano in loro la fede che li portava al dolore dell’Uomo figlio di Dio rassegnato alla volontà del Dio Padre per far dono agli uomini del perdono e della salvezza. I racconti e i giudizi sulle interpretazioni della meschinità del Sinedrio e di Ponzio Pilato che amministravano la giustizia nell’ingiustizia e nell’egoismo sino alla condanna di Gesù. Mi avevano raccontato che il testo originale, risalente all’ottocento e rappresentato nel 1838 per la prima volta, essendo troppo lungo e molto impegnativo, venisse suddiviso e rappresentato in due giorni, questo fece sì che fosse adeguato e ridotto per poter fare in modo che tutto si rappresentasse in circa tre ore.  

Ringraziando la Pro Loco, il Comune di Specchia e Temenos, il regista e tutti gli attori e i tecnici, finalmente, dopo aver ascoltato i racconti e i giudizi delle edizioni più recenti, ho avuto la fortuna d’assistere e vivere “La Tragedia”. 


Sapevo che sin da ottobre un gruppo di persone, sotto la guida del perfetto regista Marco Antonio Romano, era impegnato nella preparazione dell’edizione 2023 della Tragedia di Specchia. Curiosa come non mai ho avuto il piacere di seguire una delle ultime prove che mi ha predisposto molto positivamente a voler assistere, nonostante il freddo intenso, alla bellissima edizione di quest’anno. Mentre seguivo, molto interessata, immaginavo le preoccupazioni degli attori e di tutti gli operatori, le ansie per le possibili défaillance o per il mal funzionamento dei mezzi tecnici ma niente d’importante, che potesse pregiudicare la buona riuscita della rappresentazione, si è verificato. Qualcuno, ricordando le edizioni passate, può aver sentito la mancanza di scenografie conosciute ma a me tutto è apparso meravigliosamente bello. Infatti, pur non essendoci il classico allestimento scenico e la tanto amata fiammata infernale, ho molto apprezzato questa edizione perché il gioco di luci rendeva il clima molto attinente e giusto: quasi magico. La rappresentazione viene annunciata da un sottofondo musicale e dal coro, sotto la direzione di Deborah De Blasi, Claudia Procula solo voce, che suggeriscono una malinconia e una dolcezza inusitata. Un violino pare voler accentuare queste mie sensazioni. L’attesa comparsa di Lucifero, maestoso principe degli inferi, ci mette davanti alla bravura di un molto convincente Santino Giangreco che recita con sicura dizione e competenza. L’arrivo di Giovanni Santoro nelle vesti di Astarot e di Enza de Rinaldis in Asmodeo hanno evidenziato i progetti maligni in un’interpretazione perfetta, con balzi, movenze e toni di voce a volte alti e aggressivi che calavano per segnare maggiormente le intenzioni. La scena, esaltata da luci capaci di suggerire climi infernali, è coerente con l’intenzione del testo. Quest’atmosfera mi ha fatto pensare ai racconti riguardanti le precedenti edizioni dove proprio a questo punto molti bambini terrorizzati piangevano promettendo d’essere buoni al fine d’evitare le fiamme infernali: non so se i bambini di oggi siano ancora così timorati. Le preoccupazioni di una intensa e amorevole Maria sono rese dalla capacità di Laura Boccadamo di appropriarsi della parte e di rivolgersi al figlio Gesù, un Luigi Ricchiuto sublime, sapendo dar espressività al momento di drammaticità e sentimento che si stava vivendo. Nell’efficace interpretazione di Giuseppe Giangreco il discorso di Giuda, che ascolta l’insinuante e persuasivo Astarot, mi fa pensare all’attualità dove pare che solo la ricchezza abbia importanza e per questa si è disposti a tutto. La rappresentazione si fa sempre più denuncia delle debolezze degli uomini che spesso esercitano la giustizia nell’ingiustizia come nel sinedrio (Enzo Pizza, Gianfranco Masciali, Franchino Caloro, Franco Pizza, Nicola Baglivo il cui sforzo per migliorare la sua dizione e nel calarsi nell’apostolo Raban ha dato buoni risultati in scena e infatti ha mostrato d’aver completa padronanza della parte e atteggiamento e recitazione consona, Alessio Giuliano, Tommaso Fiorentino). Un altero Caifas (Alberto Branca) fa pensare alla paura di perdere il potere, agli errori di valutazione che ancora oggi capitano per opportunismo, interesse o superficialità: anche nella tragedia emerge questo e infatti a nulla sortisce la difesa di Gesù fatta da Giuseppe D’Arimatea, l’espressivo Fernando Branca. Infatti Caifas, sollecitato dalla maggior parte dei sacerdoti che vogliono la morte di Gesù, ne comanda al centurione l’arresto. Il centurione, un deciso e imperioso Giorgio Biasco, dà disposizione ai soldati affinché vengano eseguiti gli ordini del gran sacerdote. A palazzo c’è aria di intrigo infatti il centurione e Giuda contrattano il tradimento. I trenta denari, d’argento, risuonano mentre passano di mano e il che ci riporta ai nostri giorni dove nella società dell’apparire facilmente per soldi si compiono le peggiori iniquità. Si battono i denti per il freddo ma la rappresentazione prosegue e gli attori, che appaiono convincenti e sicuri nei ruoli, si muovono senza titubanza nello spazio scenico minimale: creato con elementi essenziali e luci significative. L’ultima cena, in piedi come nei moderni buffet, è molto convincente e di grande intensità, sublime è il momento in cui Gesù spezza il pane alzando le braccia al cielo divinizzandolo nel più grande significato del corpo di Cristo. L’angelo, Ilenia Brugnara, appare amorevole nel parlare a Gesù che nello scoramento è conscio di dover accettare il calice amaro che lo porterà all’eterna vittoria. I tradimenti son compiuti e il perfido diavolo trama per la salvezza di Gesù e l’albero, quasi minaccioso, incombe sul traditore Giuda un perfetto, nell’interpretazione, Giuseppe Giangreco che sino alla fine si è calato negli stati d’animo della perdizione. Sublime è stato il discorso, intriso di profonda emozione, che fa Gesù ai suoi discepoli facendo si che Luigi Ricchiutto emerga come attore consumato capace di affrontare una parte dove gli stati d’animo sono alla base del ruolo. Che dire poi dei tradimenti quasi annunciati negli atteggiamenti dell’interpretazione di un insicuro e titubante Pietro, reso nel migliore dei modi da Giuseppe Antonazzo o del mite Giovanni, che Luigi Pecoraro fa rivivere in modo eccellente, stando sempre vicino a Maria che pare soffrire realmente per il supplizio patito da Gesù addolorato che preconizza tradimenti ed eventi. Nella scena cinque dell’atto secondo le tre donne recitano in modo esemplare ed emerge il dolore di una madre che cerca giustificazioni e implora rivolgendosi a Giuda, a Giovanni e a Pietro mentre Maddalena e Marta, che hanno due perfette interpreti in Ilaria De Giorgi e Sonia Cardigliano, cercano di consolarla esortandola alla rassegnazione. In questa accorata scena troviamo il dolore di ogni mamma che deve accettare la perdita del proprio figlio. Intanto un incerto Pietro, che rinnega Gesù, si rivolge a Samuele, un Luigi Musio che riesce ad essere convincente e sprezzante al pari di Ancilla, Maria Teresa Panarese e Malco, Francesco Giunca, tutti sempre all’altezza del ruolo.

Giuda ragiona e riflette sul suo tradimento e nel dialogo con Asterot viene fuori una coinvolgente scena di teatro d’alto livello perché i due interpreti danno l’anima per essere persuasivi e calarsi nei ruoli. Nel dialogo di Pietro con Asmodeo i due interpreti sanno far cogliere la perfidia sottile del diavolo che riesce a creare incertezze nel già titubante traditore Pietro che fa avvertire il pentimento, il senso di colpa e la disperazione. Una scena dinamica che viene esaltata dalle luci dirette con molta precisione ad evidenziare con efficacia un’atmosfera campestre. 

Nella città ,intanto, Giuda, colpevolizzato dall’insidioso Asterot, paventando la triste sorte che lo aspetta, è un Giuseppe Giangreco che riesce ad essere sempre sul testo in modo impeccabile: trasmettendo al pubblico ripensamenti, dubbi e preoccupazioni per l’atto che si accinge a compiere. Una scena drammatica dove i due magnifici attori sanno calarsi nel migliore dei modi nei personaggi sino a rendere gli stati d’animo e la situazione di Giuda, prigioniero delle trame diaboliche, veramente convincenti. 

Nella reggia, Francesco Corchia che interpreta Pilato appare realmente  sicuro nel ruolo che lo porta a condannare Gesù, nonostante i suggerimenti di Asterot, un sempre bravissimo Giovanni Santoro che ha saputo recitare con convinzione, come vuole il popolo sobillato dai sacerdoti e come espressamente chiesto dal Centurione, interpretato da Giorgio Biasco in grado di calarsi perfettamente nell’essenza del personaggio mostrando fermezza anche nell’immedesimarsi nelle vesti d’un cattivo soldato  che è  capace però di non cedere ai consigli di Asterot. Giorgio è stato puntuale in ogni momento della sua parte, simulando il pentimento e la rinuncia agli agi del suo stato che solo la misericordia di Dio sa significare.

Nello spazio della scena le luci, i costumi e i simboli ci conducono alla Reggia dove ha inizio il supplizio di Gesù e qui che la capacità di Luigi Ricchiuto diventa espressività pura nel raccontare gli eventi. Giovanni in uno struggente monologo occupa tutta la scena seconda dell’atto quarto e qui Luigi Pecoraro dà il massimo. 

I climi cambiano e il dolore di Maria, che assiste alla mortificazione del figlio, è così reale che fa di Laura Boccadamo un’attrice abile nel calarsi nel dolore e nei sentimenti sino a far percepire la santità della Madonna madre di tutti. In lei ho visto grande attitudine interpretativa e soprattutto la rappresentazione della sofferenza accettata di una madre vera. La madre di tutti ha avuto con lei un’espressività coinvolgente e attinente alle esigenze del testo. Un essenziale, ma d’una bellezza struggente, calvario, giusto nell’atmosfera, è reso con una croce priva d’ogni orpello dove Gesù di Luigi Ricchiuto, vestito con una leggera e corta tunica bianca, ci trasmette il dolore e il senso del perdono. Qui il cieco Longino è interpretato da Silvano Maisto che riesce con convinzione ad esprimere rabbia e cattiveria nel colpire Gesù, subito dopo, è capace di calarsi, in modo convincente, nel pentimento di chi, miracolato, si converte sino a vivere la fede con amore palesando la grandezza della misericordia di Gesù. Vorrei scrivere tanto sulle sensazioni trasmesse dall’infreddolito e sofferto Luigi Ricchiuto nelle vesti di Gesù in croce deriso e umiliato. Luigi ha dato una grandissima prova calandosi nella sofferenza e nella misericordia, che ha emozionato e coinvolto tutti i presenti. L’intonazione delle sue angosciose parole è stata così coinvolgente che ha commosso gli spettatori capaci di un lungo e sentito applauso che riporta alla festa di risurrezione. Ho ascoltato ed apprezzato la poesia e la dolcezza del canto di Roberta Branca, interprete della Veronica, che asciuga amorevolmente Gesù con il panno di lino. Mi ha incuriosito parecchio Ilaria De Giorgi nelle vesti di Maria Di Magdala perché anch’io ho avuto la ventura di posare per Luigi De Giovanni quando fece un’opera sulla Maddalena al santo sepolcro. Ho visto le ansie di Ilaria e ho ricordato le mie, ho visto il suo amore per Gesù e mi sono rivista stanca della lunga posa e poi triste quando l’opera venne venduta al prezzo giusto o meglio per me svenduta perché ritenevo che quell’opera bellissima non avesse prezzo. Brava Ilaria sei stata capace di vivere Maria di Magdala nel migliore dei modi. 

Gli angeli appaiono quasi in punta di piedi e si avverte l’accuratezza nello studio di Caterina Greco e Greta Sanapo che con tenerezza sentita, mesti e consolatori donano quella poesia angelica che solo i bambini sanno trasmettere. Tutto porta alla misericordia di Gesù. La sofferenza di chi lo ha interpretato non è solo una finzione scenica perché, sicuramente, nelle gelide notti di questa Pasqua ha realmente tremato e sofferto il freddo. Anche gli attori che hanno avuto parti minori si sono rivelati precisi nell’interpretazione e negli atteggiamenti dimostrando che insieme si possono raggiungere grandi risultati e che in una rappresentazione anche una sola battuta è indispensabile al fine di un’ottima riuscita, in questo caso la Tragedia di Specchia ecco perché mi fa piacere ricordare tutti i loro nomi: Malco Francesco Giunca, Alciste Daniele Indino, Ripas apostolo Franco Pizza, Teras giudeo apostolo Enzo Pizza, Nicodemo apostolo Tommaso Fiorentino, Potifar giudeo apostolo Francesco Caloro, Josafat giudeo apostolo Gianfranco Masciali, Ancilla Maria Teresa Panarese, Diaribas giudeo apostolo Alessio Giuliano, giudeo e apostolo Gino Vincenti, Samuele servo e apostolo Luigi Musio. 

Che dire poi della regista che ha diretto magistralmente la rappresentazione dando significato all’impegno di tutti gli attori, che si sono presentati in scena sempre con abbigliamento idoneo alle situazioni, ai ruoli e al periodo. Anche le sue scelte sceniche, che potevano creare sconcerto, si sono rivelate efficaci e convincenti.  

Nella speranza che questa compagnia teatrale possa regalarci nuove rappresentazioni complimenti a tutti: attori, regista, collaboratori e organizzatori.   

                           Federica Murgia



giovedì 9 dicembre 2021

Percorsi De Giovanni Luigi

Home - De Giovanni Luigi pittore contemporaneo - Creazioni d'arte - Cagliari

Luigi De Giovanni


Percorsi




Sutta le Capanne du Ripa Piazza del Popolo, 21A

Studio 22 Piazza del Popolo, 22 Specchia (Lecce)


11 dicembre 2021 dalle 10.00 alle 18.00 sino all’8 gennaio 2022


Evento organizzato nell’ambito della 

17 “Giornata del Contemporaneo” 

indetta da 

AMACI - Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani


Saluti delle Autorità Istituzionali


Allestimento: Arch. Stefania Branca


A cura di: e20cult con il patrocinio del Comune di Specchia


Info: federica@murmurofart.com cell. 3292370646Percorsi


I misteriosi percorsi delle idee, che nascono lentamente prorompendo sino a diventare racconti, si vestono di colori, di sensazioni, d’interiorità e di vita. Raccolgono i ricordi del tempo, le impressioni di un attimo, le luci cangianti della natura che vive, per farli diventare d’incanto pennellate, fissate creando atmosfere che vogliono andare oltre il reale: oltre l’angoscia che in questi ultimi due anni ci ha attanagliato.  È così che Luigi De Giovanni, seguendo i suoi pensieri, ci dona il suo mondo, le sue emozioni: il suo essere artista. Per la Giornata del Contemporaneo vuole regalarci sensazioni di risveglio o meglio di rinascita nella speranza che tutto finisca al più presto per riprendere nella gioia del vivere senza l’angoscia del COVID 19. 

                                                                       Federica Murgia










giovedì 21 maggio 2020

IL SILENZIO DELLA SOLITUDINE

Il silenzio della solitudine








Il silenzio della solitudine porta l’artista a riannodare i fili dei suoi pensieri per ancorarli nella memoria e farli riemergere nel momento creativo in climi che raccontano dialoghi interiori: angosce esistenziali o ricerca di sprazzi di aspettative che necessitano d’essere fissate per uscire dai tormenti. Grovigli di sensazioni s’incrociano in racconti che trovano le linee conduttrici in garze che, ricoprendo antiche canape o fili del ricordo, suturano le ferite del tempo che ha deluso i sogni. Per l’artista la ricerca dell’Io si fa urgente in pennellate e segni che vogliono ammantare lo smarrimento creato dagli eventi. Così i fogli si riempiono di filati e colori; di storie che sgorgano accavallandosi e saldandosi precipitosamente sino trovare la conclusione in una catarsi che porta Luigi De Giovanni a sprofondare nei meandri dei suoi turbamenti per ritrovarsi in sensazioni di pacato rasserenamento: di sottile gioia di vivere. I racconti si librano e i fogli prendono vita su stenditoi che attraversano lo spazio seguendo il ritmo di una brezza di speranza che va oltre il tempo per dare, finalmente, voce al silenzio della solitudine. 

21 luglio 2018                                    Federica Murgia

giovedì 9 aprile 2020

Viaggio nell’armonia del Salento che sa di bellezza, spiritualità e amore.

Home - De Giovanni Luigi pittore contemporaneo - Creazioni d'arte - Cagliari

Luigi De Giovanni

Viaggio nell’armonia del Salento che sa di bellezza, spiritualità e amore.
La mostra “e il naufragar m'è dolce in questo mare”, che si tiene, fino all'8 gennaio 2017 dalle 18 alle 21, alle Scuderie di Palazzo Gallone a Tricase (Lecce), curata da Antonietta Fulvio ed organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Tricase in collaborazione con Il Raggio Verde edizioni e associazione “e20Cult”, è un modo per percorrere il Salento con altri occhi. È un viaggio che sa di spirituale, di passione per i luoghi che si vanno scoprendo per impadronirsene e conservare emotivamente in opere che sanno d’amore e del ricordo ancestrale che si perde nell’animo di Luigi De Giovanni che in questo viaggio sembra sia stato stimolato dalla spiritualità che governa i luoghi. L’artista è partito da Santa Maria di Leuca, vivendo sulle tele gli attimi delle luci vestite dalle tonalità di terre rosate in tocchi che sfumano in luminescenze poetiche negli scorci che precipitano in un mare blu striato di smeraldo. Visuali selvagge di aspre terrazze sul mare ove gli alberi e gli arbusti spontanei pare vogliano riportare ad altri tempi, ad altri valori. Le opere sono panorami di natura sfuggita alle brame di affaristi che vedono nella costa solo investimenti e cementificazione. Oasi disposte magicamente sulle tele nella narrazione della ciclicità e del tempo di luci che vivono l’oggi nel ricordo di sempre. Quasi con il fiato sospeso l’artista, con le sue opere, ci porta al Ciolo, dove si ergono dal mare, quasi a voler respirare le suggestioni dei contrasti, i riflessi della scogliera imponente segnata da un chiarore puro ed eterno: un maestoso pino che risalta i piani prospettici pare voglia indicare il tempo della vita. La natura si fa più selvaggia nelle pennellate che rappresentano gli intrichi della vegetazione dei percorsi, profumati dal mirto e di essenze selvatiche, delle grotte Cipolliane dove le angosce e la fatica cadono negli oscuri e inaspettati pozzi già ristoro di viandanti. Si prosegue nei paesaggi della Marina di Novaglie, i cui muretti a secco pare vogliano contenere le emozioni di Luigi De Giovanni che vi ha fatto opere che sanno di malinconia dolce e di finezza simbolica: che non si percepisce nei dettagli ma nelle pennellate veloci che creano macchie di colore che comunicano intensamente le sensazioni suscitate dal luogo e rese della sua sintesi pittorica. Nella zona Torre Naspre di Tiggiano l’artista descrive le ombre degli ulivi con pennellate essenziali ed efficaci. Negli scorci, che prendono luce dal paesaggio di pietra e di mare, Luigi De Giovanni, inseguendo i suoi pensieri, sinteticamente traccia le forme attorcigliate dei fusti battuti dal vento e diventati sculture di merletti imprevisti. Le ampie vedute di visuali, illuminate da bianchi che si specchiano in mare, volgono a Marina Serra e alla torre che narra di antiche paure. Nella solitudine del paesaggio l’artista si sofferma a lungo in questa zona di parco cogliendo la vibratilità dei colori che giocano con i riverberi del mattino, in rimandi e rincorse di momenti di percezione dove l’urgenza pittorica dà tempo alla meditazione. Dipinti dell’anima che lo portano più in la a ritrovare l’asprezza coinvolgente delle marine di Tricase Porto o dell’Isola che gli ha suggerito più di un’opera in cui sono evidenti le sfumature degli scogli e delle canne che si rispecchiano nel mare che ha scavato architetture naturali che Luigi De Giovanni ha scolpito con pennellate che inseguono contrasti e armonie. Le onde s’innalzano e schiumano in toni di bianco i sassi e le verdi salicornie che vi trovano dimora, donando chiazze di malinconie terrose di vita che, benché sia fuggita, è ancora nei segni e nei toni fissati sulle tele. Nel Tratturo, o strada vecchia, che da Andrano portava al mare, si ritrovano i segni di duro lavoro di chi non si arreso mai alle asperità del paesaggio. È qui che l’artista indugia ricercando se stesso, la sua interiorità, i suoi ricordi di bambino e il paesaggio che lo riporta al suo paese. Ritrova il Genius Loci che gli ha da sempre suggerito colori e nostalgie, che già stavano nel suo animo, e i contrasti cromatici si fanno più intensi sino agli scuri dei turbamenti che s’illuminano nelle chiome argentee dei verdi degli ulivi: continuità della vita e della speranza. Seguendo il percorso della mostra si arriva ad Acqua Viva di Marittima e nella bellissima insenatura naturalistica i colori del mare appaiono smorzati da un primo piano di alberi spogli e dai fusti che si elevano come a voler superare il dislivello del canalone. L’artista qui dipinge più opere e in tutte emergono le tonalità rosate che si tuffano nelle acque tinte di cobalto che sfumano nei toni smeraldo sino a diventare cristallina a riva, in un contrasto che sa di magico nella spuma del mare increspato. Poi si arriva ai profili delle vedute di Castro vestita dai bianchi lirismi che si specchiano nelle ombre delle insenature che si affacciano in un mare di una bellezza unica. Improvvisi picchi arrivano al mare specchio di sfumature di macchia mediterranea e la schiuma delle onde pare far rivivere antiche storie di Santa Cesarea Terme. Seguendo un itinerario, in alcuni tratti, brullo e capace di suggerire infinite suggestioni pittoriche, Luigi De Giovanni, con le sue opere, ci porta a Otranto. Si sofferma nel paesaggio affascinante e unico della cava di bauxite, dove i rossi precipitano in una voragine in fondo alla quale un laghetto inaspettato, diventato specchio, prende i colori del cielo blu, della vegetazione delle pareti e le acque diventano verde smeraldo con riflessi del rosso cupo della bauxite in un rimando cromatico così insolito da sorprendere e coinvolgere profondamente l’artista che qui ha realizzato quadri che sanno di meraviglioso e unico.
Pennellate di luci e colori che segnano i paesaggi fra terra e mare, dove le ombre sembrano descrivere malinconie brusche, per scoprire gli aspetti spirituali di un paesaggio che, nonostante l’apparente durezza, sa donare sensazioni di poesia che va oltre il visibile nell’humus loci dei luoghi. Le emozioni dell’artista diventano per lo spettatore un vivere spiritualmente tutta la zona del Parco Naturale Regionale “Costa Otranto S.M. di Leuca - Bosco di Tricase”: Alessano, Andrano, Castrignano del Capo, Castro, Corsano, Diso, Gagliano del Capo, Ortelle, Otranto, Santa Cesarea Terme, Tiggiano e Tricase.
Federica Murgia

















martedì 12 novembre 2019

PERCORSI DI INDIVIDUAZIONI - GALLERIA D’ARTE MENTANA DI FIRENZE

PERCORSI DI INDIVIDUAZIONI - GALLERIA D’ARTE MENTANA DI FIRENZE

Galleria d’Arte Mentana di Firenze






Presenta



Percorsi di Individuazioni

Rassegna di Arti visive.



 Opening: 16 novembre 2019 ore 18.00



Artisti:



Camilla Vavik Pedersen, Carmen Cecilia Rusu, Audrey Traini, Gianni Mucè, Abbey Ryan, Luigi De Giovanni



Percorsi di Individuazioni è una rassegna che celebra l’incontro fra artisti di varia nazionalità che nella galleria Mentana hanno trovato uno staff che accogliendoli li propone al pubblico in Italia e all’estero. In questa esposizione c’è un incontro di mondi e di percorsi stilistici e formali che caratterizzano il fare arte di Camilla Vavik Pedersen, Carmen Cecilia Rusu, Audrey Traini, Gianni Mucè, Abbey Ryan, Luigi De Giovanni. Artisti che portando avanti intimi pensieri, idee, sensazioni e tecniche danno luogo al loro mondo pittorico. In questa esposizione troviamo un’indagine che, partendo dal concetto spazio - tempo, si avventura nelle sfaccettature della natura fatta di paesaggi, nature morte e climi per ritrovarsi nel mondo della fantasia o nelle problematiche dei percorsi dell’uomo fino ad attraversare introspezioni e simbolismi che guidando alla conoscenza e alla religiosità. Quella religiosità che è nell’essenza delle opere di questi artisti che con i colori, pennellata dopo pennellata, hanno dato senso e poesia ai loro lavori. Significati profondi e da scoprire opera dopo opera per avere chiara l’idea dei punti di vista che hanno preso forma grazie all’estro e alla sensibilità di artisti, capaci di trasmettere il mondo della bellezza e delle contraddizioni dell’uomo, sempre alla ricerca di quei valori che danno senso alla vita.

La mostra si protrarrà fino al 4 dicembre

Orari:

 11:00 - 13:00 / 16:30 - 19:00

domenica e Lunedì mattina chiuso

Galleria D’Arte Mentana

Via della Mosca, 5r – 50122 Firenze

Info:

055211985

galleriamentana@galleriamentana.it



www.galleriamentana.it




Post in evidenza

ANCHE LUIGI DE GIOVANNI a FIRENZE

 Firenze INDIVIDUAZIONE INTERNAZIONALE Rassegna di Arti visive contemporanee Il 24 febbraio alle ore 17.30 si è inaugurata, alla Galleria d’...